Un racconto pubblicato nell'antologia 

BIO-SCRITTURE

pubblicata da BOHUMIL Editore

 

 

Quinto classificato (su oltre 200 partecipanti) nella sezione 

"racconti brevi" del concorso Coop for Words 2006

 

 

Lisa, 'uno splendido racconto breve'

 

"Giunto alla quarta edizione, il concorso Coop for Words vede confermarsi le caratteristiche che ne fanno un'occasione di mappatura della giovane scrittura creativa, esplorata nel mare magnum delle nuove forme rese possibili dalla facilità sempre più estesa di comunicare, nell'universo dei media interattivi. (...) 

Immagine di una generazione: bio-scrittura, appunto, come identikit di un nuovo modo di praticare i media e il linguaggio che essi veicolano, sottraendolo alla privatizzazione e all'uso strumentale di chi non vuole che un mondo diverso sia possibile". 

                       dal testo introduttivo di Niva Lorenzini

 

Lisa

di Paolo Ruggiero 

      Da due giorni Lisa non c'è più. Mi ha chiamato mio fratello appena ha saputo. Era da lui che avevo qualche aggiornamento ogni tanto. Dice che la madre, gli amici, ancora non ci credono. La prima istantanea che mi è venuta in mente è una cascata di riccioli castani e selvatici. Che danzano, mentre lei ride e mi fa una smorfia.
      Si era decisa a trasferirsi, alla fine: aveva iniziato da poco a Verona in un'agenzia di viaggi. Mentre tornava dal lavoro, in tangenziale, tenendo una mano sul volante si è chinata per prendere il cellulare caduto sotto al sedile. Un'amica la stava chiamando. Un'auto ha saltato lo stop in fretta. Ha pensato che l'altra vedendola avrebbe rallentato. Lo schianto ha avuto la compattezza immediata e secca di una lattina schiacciata.
      È da stamane che cerco di ricordarmi com'era. Penso ai soliti gesti, banali, che si fanno per l'ultima volta. Agli oggetti lasciati sparsi, senza intuire che non si tornerà più. Pioveva, l'altro ieri. 
      Me la vedo, mentre tira su la zip degli stivali, si ferma i capelli con una matita, mette il caffè nella moka; si accorge che è tardi e allora accelera i movimenti, «i piatti li lavo stasera». Esce sbattendo la porta. Poi, succede qualcosa; non si ritorna. Rimangono gli occhiali da sole, la tazzina vuota.
     Oggi è giovedì e oggi non lavoro. Mi prendo questa giornata. Vorrei che girasse molto lenta, come la discesa di avvicinamento di un rapace. Vorrei viverla respirando a fondo. Inspirando... Espirando. Avevo iniziato a fumare all'università. Ci stava bene, la "paglia", dopo le lezioni, prima degli esami. La notte. Da quattro anni ho smesso, per sempre. È stata una vittoria sull'abitudine.
      Già al liceo, l'ultima estate avevamo preso un pacchetto. 
      Lo teneva Lisa nella borsa. Lo gestiva lei. L'amore è fatto anche di piccoli premi: «Ogni tanto, se la meriti, te ne faccio fumare una». L'anno seguente ci siamo lasciati. Lei non se la sentiva, di fare l'università. Per me separarsi fu come uno strattone nel sonno. Era la prima volta. Sono andato a studiare legge a Padova. Con Lisa non ci siamo mai più visti né sentiti. È andata così.
      Non ci venivo da anni, al mare a Lignano. Ho guidato tutto il viaggio senza radio, con i finestrini aperti, sentendo arrivare l'odore delle alghe. Ho spento il cellulare. Si entra a destra dopo la pineta, niente semafori ma solo rotonde. Poi iniziano le calli, come a Venezia, ma senza canali. Calle Byron, con condomini verde acquamarina, più avanti calle Verne, salici e villette geometrili. 
      C'è un bar che si chiama "Elisa". Come quella sua compagna bionda gattamorta che a Lisa dicevo, per stuzzicarla, che mi piaciucchiava.
      Dài - facevo - andiamo al bar Elisa! I riccioli le diventavano elettrici di gelosia, mi dava pizzicotti. Una notte ho detto: «ora tiro il pallone sulla E, così diventa Lisa». Ho colpito il neon, ma niente, la E non si era spenta.
      Era il 1993. Sentivamo una strana energia nell'aria. L'atmosfera agitata da ventate trasparenti di cambiamenti. Sentivamo addirittura l'Italia, l'Italia che stava cambiando. «E l'Italia... visovgevà!»: facevo l'imitazione di Scalfaro, del suo discorso a capodanno. Era la nostra estate da soli, qui al mare, nel bilocale dei suoi. A scolare birre sul terrazzino, dopo le nuotate. A sentire la sera calare sulla pelle.
      Parcheggio. Dopo l'estate questa è una località dismessa
      Le vetrine della sala giochi oscurate di polietilene nero. Sul marciapiede c'è solo una pensionata, sta fumando. Ma dentro i palazzi vuoti qualcuno ci sarà. Forse qualcuno da dietro una persiana, da lassù mi ha visto, mentre mi avvicinavo alla signora, le chiedevo qualcosa.
      Poi, ho trovato il vialetto che conosco. Sopra il prato, il cielo incastrato tra gli spigoli dei condomini è una sagoma celeste che si muove mentre cammino. Non un'auto, nessuna presenza.
      Rivedo il nostro terrazzo. È identico ad allora, sfacciatamente. Eppure... è come se il luogo non fosse quello. Mi concentro. Cerco di riattivare l’euforia di quei gesti: quando legavo la bici, entravamo con la spesa. Rifaccio anche gli stessi passi fino al portone. Ma non è facile. Per quanto provi a far vibrare ancora quelle sere, questo cortile evoca solo sensazioni distratte, lontane.
      È che c'è stata troppa vita, in mezzo. Cosa ne sapevamo quell'estate, di ciò che avremmo fatto? Delle serate, gli esami. 
      Le nuove fidanzate. I viaggi in Grecia, Croazia, Irlanda. I lavori e le stanze che ho cambiato. Come immaginarli, internet, l'11 settembre, i governi di destra? È al piano terra, il terrazzo. Infilo il piede sotto la ringhiera, scavalco. Mi siedo contro l'intonaco.
      Cerco tra la brezza di mare il profumo di quei giorni. Una traccia delle cosce abbronzate di Lisa. Il doposole al cocco. Le fritture di pesce. Le canzoni di Jovanotti. È tutto lontano.
      Prendo dalla tasca l'accendino che ho trovato in macchina. 
      La fiamma fa uno sfrigolio come una zanzara abbrustolita. Inspiro... Soffio. La prima boccata di fumo attraversa rapida la ringhiera aprendosi come un ventaglio, poi si raccoglie più vaga, perde contrasto, arretra un istante su un refolo, sparisce. 
      Dopo anni, la nicotina mi alza di colpo la pressione. Chiudo gli occhi.
      È stato in quel momento che mi è sembrato, oltre la tapparella abbassata, di sentirla ancora, la risata di Lisa. Veniva da dietro.
      Mi sono girato.




Ascolta il commento al racconto andato in onda il 21 ottobre 2006
nella trasmissione Tutti i colori del giallo
condotta da Luca Crovi su Radio Rai 2.